domenica 18 novembre 2007

Non dimentichiamo Aldo Bianzino


Tutto parte dalla tranquilla Pietralunga, vicino Città di Castello, in provincia di Perugia, una località immersa nel verde dei boschi e delle colline che cominciano a ingiallire, accarezzate da un vento frizzante, che ti fa amare il fatto di essere comunque vivo, che ti rimette in pace col mondo... E’ proprio qui, nel cuore d’Italia, nella profonda Umbria, che Aldo Branzino è venuto - come tanti negli anni ’80 – a cercare quella quiete, quel silenzio, per staccarsi dall’assordante routine della vita occidentale, affascinato e influenzato certamente da un amore per l’India, e per il modo orientale di cercare se stessi nel silenzio della natura, nella meditazione..., un amante della vita nel suo essere profondo, un vero pacifista, un uomo colto, amante della cucina genuina, agricoltore, falegname, che per puro piacere fumava qualche spinello...

Tutto scorre lento e tranquillo, quando, venerdì 12 ottobre, questa pace di libertà e di lavoro viene spezzata da alcuni agenti in borghese, che con un mandato della procura di Perugia, raggiungono “Le Caselle”, la casa dove Aldo viveva con la sua compagna Roberta, il piccolo Rudra e la madre di Roberta ultranovantenne; sono andati per arrestare Aldo e Roberta con l’accusa di spaccio di stupefacenti... Trovano una trentina di piantine di canapa indiana che spuntavano da dietro un cespuglio nei campi e l’«ingente» somma di trenta euro (dura vita quella degli “spacciatori”!) ...
Roberta verrà rilasciata, Aldo rimarrà nel carcere di Capanne e lì troverà la morte, pestato a sangue dalle guardie carcerarie, perché probabilmente agitato dal fatto di essere lì ingiustamente...
Da quando ho saputo di questa ennesima vittima del barbaro e ignorante proibizionismo, del modo in cui è morto un uomo così mite (chiunque lo conosceva non fa che rimarcarne la sua mitezza, la sua bontà, la sua colta riservatezza...), mi indigno e mi commuovo e mi incazzo.

Non voglio entrare nel merito sul se classificare droga una cosa oppure no o sul cosa può essere definito “leggero” o “pesante” (mi riservo di dire la mia in futuro su questo), ma una cosa è certa: non si può essere privati della libertà in questo modo e non si può morire così, vittime di chi dovrebbe tutelare la sicurezza e invece sempre più spesso la toglie insieme con la vita.

P.S. Come dice Beppe Grillo, chi si fa qualche spinello viene arrestato... I nostri dipendenti del Parlamento di cui una buona parte fa uso costante di stupefacenti e si macchia di reati ben più gravi, sta lì e decide il nostro futuro, impunemente.

2 commenti:

Luca ha detto...

prima si diceva: se il contadino fa causa al re.. non sapendo chi ha ragione, tendo a darla al contadino...

SICILIA PAISI ha detto...

Devo contattare il gruppo di L'Aquila urgentemente per il 22.11
baeli@zancle.org