giovedì 20 marzo 2008

Urliamo l'indignazione!


La Cina sta massacrando un popolo, per colonizzare una terra, cancellare identità millenarie devastandone la cultura e le credenze. Il “civilizzato” e “democratico” occidente tace, i suoi giornali relegando la situazione a occhielli, sostanzialmente tacciono, qualche “coraggioso”(?) invita la Cina a “non calcare brutalmente la mano col Tibet”...certo “non sta bene...”, “non si fa...”. Un silenzio assordante che rende tutti conniventi, tutti i leader del mondo democratico, che si appresta a partecipare alle prossime Olimpiadi, invece di boicottarle, tutti infangati nella stessa codardia, la stessa che ha portato recentemente il nostro governo e Ratzinger a non incontrare il Dalai Lama. Quando mi capita di parlare con ferventi cattolici, anche con persone apparentemente ragionevoli, rimango basito e avvilito dal constatare che non c’è nessuno che si indigna per il silenzio del “pastore tedesco” (l’ultima domenica neanche un accenno!!!e le paroline di ieri arrivano troppo in ritardo e sotto sollecitazione...), che quando si tratta, invece, di ingerire e ostacolare la libertà civile dei cittadini, anche nell’intimità del proprio dolore, abbaia, hai voglia se abbaia!, e sputa le sue velenose sentenze. Sappiamo le ragioni di questo silenzio, non fatichiamo a riscontrarle nelle trattative tra Vaticano e Cina, lo spaccio di vescovi, per sottrarli l’uno all’altro e farli tornare nel proprio ovile. Ma, ripeto, tutto ciò avvilisce per il silenzio e la mancanza di indignazione che lo circonda, ormai si digerisce tutto e tutto l’assurdo, a poco a poco, diventa normalità, anche un politico che dice “Sì, è fascista, è un condannato, ma è un editore e ci serve per vincere...”...ma questa è un’altra storia...

sabato 8 marzo 2008

Apocalisse benedetta


Si fa un gran parlare in questo periodo dei danni che questo sistema economico mondiale, neoliberista e globalizzato, sta arrecando all’equilibrio planetario, danni che, se prima erano riservati solo al “Sud del mondo”, ai paesi in via di sviluppo, spremuti nelle risorse dal “Nord”, ora riguardano anche il nostro Occidente, a rischio recessione, dove si diventa sempre più schiavi, in una logica di consumo e competizione; questa schiavitù la vediamo soprattutto nel lavoro, lavoro sempre più precario e precarizzante, insicuro anche e sempre di più sotto il profilo dell’incolumità fisica, in barba a tutte le leggi e soprattutto in barba alla Costituzione...

A questo punto (e non m’importa di suscitare un po’ di scandalo) è auspicabile una recessione di enormi proporzioni, che “resetti” tutto il sistema e i suoi valori-base. Solo allora, forse, per i superstiti, sarà possibile ricostruire o, meglio, costruire un homo novus, che vivrà con altri paradigmi, abbandonando l’idea che tutto si debba alienare nell’economia (qui, ahimé, pur nelle sue lucide analisi, sbagliò anche Marx, ritenendo “sovrastruttura” tutto ciò che è al di fuori dell’economia) nel senso che anteporrà il suo “essere uomo”, uguale in dignità a tutti gli altri uomini, al meccanismo produttivo e alla connessa corsa sfrenata a capitalizzare tutto, e, finalmente ri-fonderà i suoi rapporti sul “dono”, sulla “solidarietà” e sulla “coopoerazione”.

Capisco quanto tutto questo possa apparire un’utopia, ma, credetemi, è molto meno irrealizzabile di quanto possa sembrare.